martedì 6 gennaio 2015


Mons. Giovanni Cravotta



Giovanni Cravotta nacque a Barrafranca, da Luigi e Marianna Tummino, il 7 dicembre 1925. Dopo aver completato gli studi delle elementari a Barrafranca, entrò in seminario dove venne ordinato sacerdote il 29 giugno 1948. Poco tempo dopo fu nominato Vicario Cooperatore prima e Parroco della Chiesa Madre di Barrafranca poi, rimanendovi fino alla morte, avvenuta, a Palermo, il 9 giugno 1979. Dal 1951 al 1952 fu insegnante presso il seminario di Piazza Armerina, Assistente GIAC 1951, Vicario Foraneo dal 1961 al 1972, Coordinatore Vocazionale nel 1968, Promotore delle Orsoline a Barrafranca, Assistente in Diocesi e Delegato Vescovile per le Religiose nel 1967.
«Non è facile morire a 54 anni col sorriso sulle labbra, nel pieno vigore delle energie. Era uomo di grande personalità, intelligente, coraggioso, forte, generoso, preparato, pronto a tutte le novità culturali, che non trascurava mai. Era deciso... rivoluzionario, dalle soluzioni radicali, quindi scomodo e, spesso, incompreso. Dall’attivismo eccezionale. Sconosceva i mezzi termini, il parlare sottovoce, diplomatico. Era razionale, dalle grandi passioni per la musica, il teatro, la politica, ma divorato da quella fede incrollabile che non lascia in pace un istante. Era sempre in movimento, organizzava ed insegnava». Così lo ha ricordato l’avv. Giuseppe Bonincontro, nel decimo anniversario della morte.

Padre Cravotta, alle elementari, col maestro Vittorio Guarneri

Colpito da una terribile malattia, padre Cravotta non ne ebbe timore, anzi la affrontò col sorriso sulle labbra, con un sorriso amaro per il dispiacere di lasciare i suoi fedeli, ma con la certezza di avere bene operato, con la certezza di chi ha speso la propria esistenza al servizio di Dio.
Moltissimi lo amarono profondamente, pochi non lo compresero. Padre Cravotta era uomo di grande personalità e intelligenza, pronto a tutte le novità culturali, che non trascurava mai.
Uomo rivoluzionario, dalle soluzioni radicali, quindi scomodo: sconosceva il senso diplomatico delle relazioni, il savoir faire, i mezzi termini, il parlare con la voce ovattata dei sacerdoti di una volta, i discorsi morbidi e suadenti.
Era un razionale, dalle grandi passioni, per la musica, per il teatro, la politica, ma divorato da una fede incrollabile, che non lo lasciava in pace un solo istante: era sempre in movimento, organizzava ed insegnava.
Ripeteva spesso che vivere da cristiani significa essere uomini di rottura, pietra di scandalo.
Diceva sempre - e lo fece anche nell’ultima omelia: “State attenti, quando il vostro comportamento piace a tutti, c’è qualcosa in voi che non va; perché non si può piacere a Dio e al suo nemico”, ricordando l’insegnamento dell’apostolo delle genti, San Paolo, nella sua lettera ai Galati: “Se ancora piacessi agli uomini, non sarei più servitore di Cristo”.
Questa è la chiave di lettura di tutta la sua vita.
Il suo impegno pastorale non ebbe mai tregua. Si alzava alle 6 del mattino ed andava a letto a mezzanotte, lavorando senza sosta, correndo sempre, perché era convinto che la Chiesa non poteva restare estranea alla società costituita, alle istituzioni civili, alla realtà che la circonda, non poteva restare estranea alla lotta contro la mafia e contro il mal costume amministrativo e politico, al di fuori di ogni retorica.
«Ricordo - scrive l’avv. Bonincontro -, lo scontro personale con un mamma santissima, al quale aveva pestato i calli. Tornavamo verso casa per il corso Vittorio Emanuele ed incontrammo questo personaggio, il quale gli si parò davanti, dicendogli che doveva cambiare strada e metodo e non impicciarsi in certe faccende, altrimenti gli avrebbe fatto passare dei guai. Padre Cravotta gli sorrise e gli rispose con una semplicità disarmante: “Io continuerò la mia missione; Lei non mi fa paura, non può farmi paura, perché io dalla mia parte ho il Signore, che è anche il Suo Signore”. La discussione finì lì, ma la battaglia continuò».
Padre Cravotta intuì che per potere incidere nella realtà sociale e modificarla era necessario preparare dei giovani e per questa ragione cercò di spingere quanti più giovani poté, uomini e donne nel mondo sociale e nel mondo politico.
Organizzò e riorganizzò tutti i movimenti dell’A. C., costituì ed attivò il Comitato Civico attirando masse di giovani, tenendo conferenze dappertutto, preparando e gestendo corsi in ogni parte della Diocesi, corsi di formazione religiosa e di formazione professionale in tutti i campi.
Costituì la S. Vincenzo nella nostra città con l’assistenza a casa di tutti i poveri, gli ammalati e gli anziani.
Diede battaglia contro l’indifferenza in ogni angolo del paese, in ogni bottega, in ogni circolo, in ogni crocevia.
Nominato parroco, con la valida collaborazione del giovane Cappellano padre Bonfirraro, la parrocchia diventò veramente un centro attivo di evangelizzazione.
Insegnò per un certo periodo presso il nostro Seminario. Si dedicò con continuità e abnegazione alle vocazioni ecclesiastiche e al pre-seminario, ed alla istituzione della Compagnia di S. Orsola, di cui divenne il primo superiore diocesano. Una struttura solida, permanente, per operare in profondità.


Mons. Cravotta mentre distribuisce la prima Comunione

Altra iniziativa rivoluzionaria di mons. Cravotta fu la proposta di vita comunitaria fra tutti i confratelli: la Canonica della Chiesa Madre divenne così la casa comune di tutti i sacerdoti, i quali mettevano in comune tutto: i propri guadagni, le proprie delusioni, le proprie speranze per trarne maggiore impulso e linfa nuova per l’attività del giorno dopo.
Altra iniziativa rivoluzionaria, che non trovò seguito, fu la proposta fatta a tutti gli intellettuali di buona volontà, e appartenenti a tutti i colori politici senza discriminazione alcuna, di creare delle commissioni di studio in modo da costituire delle amministrazioni ombra che studiassero le soluzioni dei problemi più importanti della cittadinanza, proponendone i risultati alle amministrazioni e alla cittadinanza, spronando tutti, amministratori e cittadini alla realizzazione sollecita delle decisioni. Il tutto sulla base del volontariato e della competenza professionale.
A questo periodo seguì il periodo della operosità senza sosta: costruire, costruire, costruire. Il restauro della chiesa Madre, nei anni ’70, è il frutto del lavoro incessante di padre Cravotta: lavorava giorno e notte, a volte, per preparare e copiare progetti per evitare la scadenza di un finanziamento. Opera sua è anche la costruzione della Canonica e della Casa del Sacerdote.
Padre Giovanni non aveva nulla quando si consacrò al Signore e morì senza lasciare nulla. Ha applicato alla lettera l’insegnamento di Cristo “Non vogliate accumulare tesori sulla terra dove la ruggine e la tignola consumano e i ladri risotterrano e rubano: ma fatevi dei tesori in Ciclo”.

Al Suo esempio, alla sua parola, al suo insegnamento sono state educate diverse generazioni. Lasciò un patrimonio umano e spirituale inestimabile, che fu raccolto e valorizzato dal suo successore, mons. Giuseppe La Verde, il quale continuò la sua opera molto lodevolmente, con impegno e abnegazione. Padre Giovanni ha lasciato delle opere che parleranno ai posteri per sempre. Noi abbiamo perduto un grande Sacerdote, ma abbiamo la certezza di avere un Santo amico, in Paradiso.
Salvatore Licata

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