giovedì 19 giugno 2014

FRA GIUSEPPE BEVILACQUA

Nicolò Bevilacqua nasce a Barrafranca il 13 aprile 1841 da Gaetano e da Rosalia Lanza. Questa è la data che risulta sul certificato di nascita, mentre nell’atto di battesimo, stilato in pari data dal cappellano della chiesa Madre sacerdote La Loggia, si legge: “... battezzò un bambino nato ieri al quale è stato imposto il nome Nicolò”.
Da ciò si deduce che il piccolo Nicolò è nato il 12 aprile 1841 e iscritto agli atti del Comune il 13, cioè il giorno dopo.
Terminate le scuole elementari, Nicolò entra nel noviziato di Santa Maria di Gesù di Piazza Armerina e il 2 agosto 1856 veste l’abito dei Minori Francescani, assumendo il nome di Giuseppe. Nel convento di Pietraperzia studia retorica e filosofia; nel 1860 si trasferisce a Roma per intraprendere gli studi teologici presso il collegio di Frascati. Nel 1862, come si legge in una nota del sindaco di allora, fra Giuseppe si trovava a Malta e il 19 luglio 1862 venne arrestato perché renitente alla leva. Nel 1865 frequenta il collegio delle Missioni in San Pietro Montorio a Roma. Il 1 luglio 1866 supera gli esami a Propaganda Fide ed ottiene la patente di Missionario Apostolico e, il 13 luglio, ricevuta la facoltà di confessare dal cardinale Antonio Maria Cagiano De Azevede, vescovo di Tusculano, parte per la Missione dell’Alto Egitto.
Arrivato al Cairo, fu destinato, insieme a due confratelli, a Nagade, presso Luscor, per imparare la lingua araba dal vecchio missionario padre Samuele d’Accadia. da qui si sposta a Gamula e a Luscor, future sedi delle stazioni della missione. durante uno dei numerosi spostamenti, fra Giuseppe Bevilacqua viene colpito dalla malaria per cui è costretto a ritornare al Cairo per sottoporsi alle dovute cure.
Ristabilitosi, riparte nuovamente per Nagade, dove arriva il 1° ottobre 1867, per prendere possesso della Missione di Ahmim, città che, assieme ai tre villaggi annessi, contava allora circa 35.000 abitanti, di cui 800 cattolici e circa 20.000 cattolici copti. In questa Missione fonda la prima scuola di lingua italiana, a cui segue quella di Sohag e quella di Tahatta: questi furono i primi istituti dell’Alto Egitto dove si insegnò la lingua italiana.
Missionario perseverante e coraggioso, fra Bevilacqua ridusse a miti pretese il governatore della città, il pascià, i musulmani e i copti dissidenti che osteggiavano la Missione e perseguitavano i cattolici.
Instancabile viaggiatore, fu a Taletta, Aput, Girge-Farpint, Ghene, Nagade e Gamula, portando ovunque aiuto e conforto, sia ai suoi confratelli missionari sia alle popolazioni indigene.
Nel 1880, dopo 13 anni trascorsi nell’Alto Egitto, abbandona il Nilo e si reca in Cirenaica (Libia). A Bengasi fonda le scuole maschili e femminili, da dove usciranno giovani religiosi, contabili, negozianti e interpreti governativi. Grazie alla sua indefessa e meritoria opera, il prefetto apostolico fratel Angelo Maria di S. Agata, lo nomina, il 27 settembre 1881, vice prefetto di Bengasi.
Nei 17 anni trascorsi in Cirenaica, oltre che dell’istruzione, si occupa anche di agricoltura, impiantando poderi modello e gli arabi, a cui fornisce le piante e gli utensili necessari, apprendono utilissime cognizioni per la lavorazione dei campi. Oltre a ciò, fa aprire nuove strade, costruire il cimitero e numerose case.
Divenuto amico dei beduini, non pochi sono i viaggi che fra Bevilacqua intraprende, in loro compagnia, all’interno del paese.
Nel 1897 un importante riconoscimento premia la costante dedizione di fra Bevilacqua a favore del prossimo: viene eletto prefetto apostolico della Tripolitania, Cirenaica e Fezzan.
Trasferitosi a Tripoli, in otto anni fa raddoppiare il personale insegnante delle scuole della Missione cattolica e aumenta il numero degli allievi. Alla Mescia, presso Tripoli, fonda l’orfanotrofio femminile e fa costruire le mura del giardino e della scuola annessa alla chiesa della Missione.
Ovviamente per arrivare a ciò deve superare numerose traversie e, non ultimi, gli ostacoli frappostigli dal console turco Thaer Pascià, rappresentante del sultano di Costantinopoli. In compenso molto fanno per lui i consoli italiani Augusto Medana, Giulio Pestalozza e Scaniglia. Intrattiene ottimi rapporti anche col console generale di Francia S. de Magny.
Malgrado i contrasti con Thaer Pascià, fra Bevilacqua continua il suo apostolato. Acquista una casa e un terreno per la chiesa di Koms (Lebda), fabbrica una casa e una cappella per l’orfanotrofio agricolo. A Derna compra un terreno per la casa e la chiesa della Missione e fa costruire le scuole femminili dirette dalle Suore Francescane. Numerosi sono, anche, gli ambulatori che sorgono grazie alla sua volontà e alla sua tenacia. Da una statistica stilata nel 1904 risulta che 919 fanciulli impararono in dette scuole la lingua italiana e 48.440 furono gli ammalati curati. Il personale a disposizione di fra Giuseppe, in Tripolitania, consta di 21 missionari Francescani, 7 fratelli Maristi e 32 suore. Ma ciò che maggiormente lo onora è il suo interessamento per l’abolizione della schiavitù, fenomeno molto diffuso a quel tempo in tutta la Tripolitania, Cirenaica e Fezzania.
A tal proposito pubblica sulle pagine del giornale vaticano «L’Osservatore Romano» un interessante articolo sulla schiavitù in Tripolitania e in altre parti dell’Africa, articolo che dà l’avvio al Congresso di Bruxelles, in seguito al quale furono istituiti tre comitati antischiavisti in Italia, Francia e Inghilterra. Questi comitati raccolsero e spedirono denaro ai propri connazionali residenti in Africa per istituire delle agenzie antischiaviste, che operarono, sin dal 1891, a Tripoli, Koms, Zeliteu, Misurata, Bengasi e Derna e, aiutate dai consoli delle potenze firmatarie al Congresso di Bruxelles, si batterono per la liberazione dei negri.

Una pagina manoscritta del suo giornale-diario

Nel 1904 lo troviamo vescovo di Tripoli (Cronotassi dei vescovi del Vicariato apostolico di Tripoli).
L’11 aprile 1907 fra Bevilacqua, divenuto nel frattempo prefetto apostolico, ospita, a Tripoli, l’arciduca Carlo Alberto, nipote dello imperatore d’Austria Francesco Giuseppe II, e lo accompagna, per tutto il periodo del suo soggiorno, in Tripolitania e in Cirenaica, ricevendone lodi e complimenti per l’opera svolta e per l’abnegazione con cui si dedica ai negri, a prescindere dalla loro religione.
Invitato a Roma dal reverendo padre Policarpio, delegato generale dell’Ordine dei Frati Minori, ne approfitta per farsi ricevere, il 24 giugno 1907, in udienza privata, da S. S. Papa Pio X, il quale si congratula con lui per i 40 anni di missione svolti a Tripoli e Bengasi, incoraggiandolo a ritornarvi. L’evento fu così descritto da padre Bevilacqua sul suo “Giornale cronologico della Missione Francescana O. M. della Tripolitania”: ... Prima di venire il Rev.mo P. Generale il quale da tempo stava a visitare la provincia di Venezia, casualmente passò da Roma Fr. Pacifico Balbini reduce da Tripoli, per ritirarsi nella propria, volle andare a prendere la benedizione del Papa, di questa occasione volle andare pure io, ottenuto il dovuto permesso per un’udienza privata, l’indomani vi andammo, il Maestro Maggiordomo m’introdusse solo. Il Papa mi accettò con piacere, mi fece sedere e volle raccontato l’andamento della Missione, cui io in breve gli feci il racconto, e che là Dio mercé la Missione, prima aveva due sole stazioni Tripoli e Bengasi ed ora nonostante le gravi opposizioni fattemi ne ha sei stazioni....
Il 15 ottobre 1907 monsignor Mario Sturzo, vescovo della Diocesi di Piazza Armerina, lo invita a predicare in tutte le chiese della Diocesi sino al 31 dicembre 1908, mentre l’arcivescovo di Siracusa monsignor Luigi Bignami lo delega a confessare e ad amministrare i Sacramenti in sua vece e per i casi a lui riservati.
Il 27 luglio 1910, una lettera del ministero degli Affari Esteri, lo informa che S. M. il re gli ha conferito il titolo di cavaliere della Corona d’Italia. Il decreto, datato 17 luglio 1910, porta le firme di Vittorio Emanuele III, del marchese Antonino di San Giuliano e del cancelliere dell’Ordine P. Boselli.
Allo scoppio della guerra Italo-Turca padre Bevilacqua chiede di parteciparvi e il 1° ottobre 1911 il Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Coloniale - lo assegna alla sezione di sanità della prima divisione. Il 6 ottobre viene aggregato all’ospedale militare di Palermo quale cappellano militare.
Finita la guerra e ritornato a svolgere la sua opera di apostolato, con lettera inviata da Mazzarino il 9 dicembre 1914, mons. Mario Sturzo, in virtù della Costituzione Benedettina Pastoralis curae, decreto Quaemadmodum della S. Congregazione dei VV. e RR., lo nomina Confessore straordinario abituale della Casa Religiosa per le suore e le orfanelle e per tutte le persone che abitano nel Collegio di Maria di Barrafranca, sino al 31 dicembre 1915.
L’8 febbraio 1915, in virtù dei servizi resi durante la guerra come cappellano militare, il ministro della Guerra generale Vittorio Zupelli gli assegna la Medaglia Commemorativa della Guerra Italo-Turca.
Di tutte le varie opere che il prefetto apostolico reverendo padre Giuseppe Bevilacqua compì in Tripolitania, tutte di carattere religioso e umanitario, oggi ci resta soltanto un Manualetto Pratico-Teorico per imparare l’Arabo Volgare, edito a Palermo nel 1912.

Ormai carico di anni e stanco di tutto quel peregrinare per portare sollievo e conforto alle popolazioni africane e per diffondere la parola di Dio, padre Giuseppe Bevilacqua si ritira nel convento di San Francesco di Barrafranca dove muore il 20 dicembre 1922.
S. L. 

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