martedì 30 dicembre 2014

Don Luigi Giunta



Luigi Giunta nasce a Barrafranca l’8 ottobre 1881 da Vincenzo e da Antonina Di Dio, operosa famiglia di agricoltori. Dopo avere studiato presso il Seminario Vescovile di Piazza Armerina, fu ordinato sacerdote da monsignor Mario Sturzo, vescovo della Diocesi, il 21 novembre 1903, a Mazzarino.
Nel 1906 fu vicario cooperatore della Parrocchia Maria SS. della Purificazione di Barrafranca; rettore della chiesa di San Giuseppe (dal 3 aprile 1931); vicario economo della Parrocchia Maria SS. della Purificazione (dall’8 febbraio 1933) e, dal 22 gennaio 1934, parroco della stessa chiesa (allora unica parrocchia), successivamente elevata a chiesa Madre.
Don Luigi Giunta si distinse per la condotta lineare e l’altissima religiosità, che a volte lo faceva diventare anche burbero e rude; profondo e ineccepibile era in lui il senso della onestà: volle essere povero e vivere in una casa sotto le tegole come gliela aveva lasciata il padre.
Per seguire questo ideale di vita evangelica, quando si accorse di operazioni non consentite dallo statuto, si dimise dalla Cassa Rurale di allora. In quella circostanza gli fu offerta una ingente somma di denaro, ma egli rifiutò dicendo: «Povero sì, ma con le mani pulite e la coscienza netta».
Il parroco Giunta custodiva personalmente, a casa sua, l’oro del SS. Crocifisso e mai risultarono ammanchi. Nessuno mai tentò di profanare la sua casa o di infastidire l’illustre ospite anche se anziano.
Durante la terribile epidemia della “spagnola” del 1918 e di “meningite cerebro-spinale” del 1929, si prodigò, sfidando i pericoli del contagio, per aiutare moralmente e spiritualmente le migliaia di cittadini colpiti dal morbo.
Durante i due bombardamenti del luglio 1943, incurante della morte, amministrò l’estrema unzione alle vittime inermi di una guerra esecranda. Mentre diceva Messa, anche la sua chiesa fu investita dal bombardamento e lui, incurante dei crolli, si buttò tra le macerie per salvare la gente che era rimasta disperatamente intrappolata. Per tutti aveva una parola di conforto e di incoraggiamento.
Subito dopo si impegnò nella ricostruzione della chiesa con la parola e con l’esempio, per sensibilizzare la cittadinanza, che concorse generosamente per riavere ricostruita la “sua” chiesa Madre.
Entrati gli americani, con coraggio si presentò a loro per scongiurarli di liberare due prigionieri tedeschi, che erano stati legati per i piedi e appesi a testa in giù. Gli americani, purtroppo, non accolsero le preghiere del Parroco, ma ne ammirarono il coraggio tanto da attribuirgli la Croce di Commendatore dell’Ordine Militare d’Aragona.
Per questi atti di coraggio e di abnegazione fu apprezzato e stimato da tutti.
Il parroco Giunta, oltre che uomo di chiesa, fu anche uomo di vastissima cultura: scrisse poesie in latino e in italiano; racconti; un romanzo; una satira e due bellissime tragedie liriche: Il Conte Ugolino della Gherardesca, in tre atti, e Sant’Agnese, in quattro atti; tutti andati irrimediabilmente perduti.


  Il parroco don Luigi Giunta durante una cerimonia al Villaggio UNRRA
affiancato (a sx) dal sindaco dottor Vittorio Mattina e (a dx) da mons. Giovanni Faraci


    L’opera principale, però, è costituita da Brevi cenni storici su Barrafranca pubblicata nel 1928, dove Luigi Giunta profuse tutta la propria passione e il proprio rigore scientifico nel ricostruire la storia del paese natio. Nel corso delle sue ricerche, sempre severe e puntigliose, Giunta seppe comporre un’opera storica che, a tutt’oggi, rappresenta una pietra miliare del passato di Convicino prima e di Barrafranca poi.
Con grande perizia e intelligenza don Luigi Giunta riuscì a ricostruire e a illuminare un passato ormai dimenticato e lontano: opera, questa, che ha rappresentato, per molti studiosi, una preziosa fonte storica.
In questo stesso periodo collaborò alla rivista “La Siciliana” di Siracusa, dove pubblicò diversi articoli sulla storia di Convicino e dove difese con rigore scientifico, ma anche con passione, le sue asserzioni a seguito di alcuni dubbi sollevati dallo scrittore Salvatore De Maria. Questi infatti avanzava il sospetto che la Villa Comiciana poteva benissimo riferirsi a Comiso o a Comitini anziché a Convicino. Alla replica del Giunta, sulla stessa rivista, il De Maria non ebbe più nulla da obiettare.
Durante le ricerche, condotte soprattutto presso gli archivi parrocchiali, si batté anche per la rifondazione della biblioteca comunale, dove aveva catalogato numerose opere antiche e manoscritti, ma le sue richieste rimasero inascoltate.
Nonostante questi impegni di natura letteraria e storica e nonostante la stima e gli onori tributatigli dai suoi concittadini e dalle autorità, egli condusse il resto della sua vita con rigore e umiltà, al servizio della comunità e della chiesa. Molti lo ricordano seduto sul sagrato della chiesa Madre, attento osservatore della vita barrese e testimone sincero della fede in Cristo, che ispirò la sua vita fino agli ultimi istanti, tanto da dettare in punto di morte parole di perdono e di speranza: «Perdono tutti coloro che mi sono stati nemici e sono contento di ricongiungermi a Dio». Era il 27 novembre 1966.
A venti anni di distanza, l’Amministrazione e il Consiglio comunale vollero ricordare questo degnissimo figlio di Barrafranca con una lapide posta a perenne memoria e a riconoscimento dei suoi alti meriti umani, culturali e religiosi.
Salvatore Licata

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