Don Luigi Giunta
Luigi Giunta nasce a Barrafranca l’8 ottobre 1881 da Vincenzo e da
Antonina Di Dio, operosa famiglia di agricoltori. Dopo avere studiato presso il
Seminario Vescovile di Piazza Armerina, fu ordinato sacerdote da monsignor
Mario Sturzo, vescovo della Diocesi, il 21 novembre 1903, a Mazzarino.
Nel 1906 fu vicario
cooperatore della Parrocchia Maria SS. della
Purificazione di Barrafranca; rettore della chiesa di San Giuseppe (dal
3 aprile 1931); vicario economo della Parrocchia
Maria SS. della Purificazione (dall’8 febbraio 1933) e, dal 22 gennaio
1934, parroco della stessa chiesa (allora unica parrocchia), successivamente
elevata a chiesa Madre.
Don Luigi Giunta si
distinse per la condotta lineare e l’altissima religiosità, che a volte lo
faceva diventare anche burbero e rude; profondo e ineccepibile era in lui il
senso della onestà: volle essere povero e vivere in una casa sotto le tegole
come gliela aveva lasciata il padre.
Per seguire questo
ideale di vita evangelica, quando si accorse di operazioni non consentite dallo
statuto, si dimise dalla Cassa Rurale di allora. In quella circostanza gli fu offerta
una ingente somma di denaro, ma egli rifiutò dicendo: «Povero sì, ma con le
mani pulite e la coscienza netta».
Il parroco Giunta
custodiva personalmente, a casa sua, l’oro del SS. Crocifisso e mai risultarono
ammanchi. Nessuno mai tentò di profanare la
sua casa o di infastidire l’illustre ospite anche se anziano.
Durante la terribile
epidemia della “spagnola” del 1918 e di “meningite cerebro-spinale” del 1929,
si prodigò, sfidando i pericoli del contagio, per aiutare moralmente e
spiritualmente le migliaia di cittadini colpiti dal morbo.
Durante i due
bombardamenti del luglio 1943, incurante della morte, amministrò l’estrema
unzione alle vittime inermi di una guerra esecranda. Mentre diceva Messa, anche
la sua chiesa fu investita dal bombardamento e lui, incurante dei crolli, si
buttò tra le macerie per salvare la gente che era rimasta disperatamente
intrappolata. Per tutti aveva una parola di conforto e di incoraggiamento.
Subito dopo si
impegnò nella ricostruzione della chiesa con la parola e con l’esempio, per
sensibilizzare la cittadinanza, che concorse generosamente per riavere
ricostruita la “sua” chiesa Madre.
Entrati gli
americani, con coraggio si presentò a loro per scongiurarli di liberare due
prigionieri tedeschi, che erano stati legati per i piedi e appesi a testa in
giù. Gli americani, purtroppo, non accolsero le preghiere del Parroco, ma ne
ammirarono il coraggio tanto da attribuirgli la Croce di Commendatore
dell’Ordine Militare d’Aragona.
Per questi atti di
coraggio e di abnegazione fu apprezzato e stimato da tutti.
Il parroco Giunta,
oltre che uomo di chiesa, fu anche uomo di vastissima cultura: scrisse poesie
in latino e in italiano; racconti; un romanzo; una satira e due bellissime
tragedie liriche: Il Conte Ugolino della
Gherardesca, in tre
atti, e Sant’Agnese, in quattro atti; tutti andati
irrimediabilmente perduti.
Il parroco don Luigi Giunta durante una cerimonia al
Villaggio UNRRA
affiancato (a sx) dal sindaco dottor Vittorio Mattina
e (a dx) da mons. Giovanni Faraci
L’opera principale, però, è costituita da Brevi cenni storici su Barrafranca pubblicata nel 1928, dove Luigi Giunta profuse tutta la propria passione e il proprio rigore scientifico nel ricostruire la storia del paese natio. Nel corso delle sue ricerche, sempre severe e puntigliose, Giunta seppe
comporre un’opera storica che, a tutt’oggi, rappresenta una pietra miliare del
passato di Convicino prima e di Barrafranca poi.
Con grande perizia e
intelligenza don Luigi Giunta riuscì a ricostruire e a illuminare un passato
ormai dimenticato e lontano: opera, questa, che ha rappresentato, per molti studiosi,
una preziosa fonte storica.
In questo stesso
periodo collaborò alla rivista “La Siciliana” di Siracusa, dove pubblicò
diversi articoli sulla storia di Convicino e dove difese con rigore
scientifico, ma anche con passione, le sue asserzioni a seguito di alcuni dubbi
sollevati dallo scrittore Salvatore De Maria. Questi infatti avanzava il
sospetto che la Villa Comiciana poteva benissimo riferirsi a Comiso o a
Comitini anziché a Convicino. Alla replica del Giunta, sulla stessa rivista, il
De Maria non ebbe più nulla da obiettare.
Durante le ricerche,
condotte soprattutto presso gli archivi parrocchiali, si batté anche per la
rifondazione della biblioteca comunale, dove aveva catalogato numerose opere antiche
e manoscritti, ma le sue richieste rimasero inascoltate.
Nonostante questi impegni
di natura letteraria e storica e nonostante la stima e gli onori tributatigli
dai suoi concittadini e dalle autorità, egli condusse il resto della sua vita
con rigore e umiltà, al servizio della comunità e della chiesa. Molti lo
ricordano seduto sul sagrato della chiesa Madre, attento osservatore della vita
barrese e testimone sincero della fede in Cristo, che ispirò la sua vita fino
agli ultimi istanti, tanto da dettare in punto di morte parole di perdono e di
speranza: «Perdono tutti coloro che mi sono stati nemici e sono contento di
ricongiungermi a Dio». Era il 27 novembre 1966.
A venti anni di
distanza, l’Amministrazione e il Consiglio comunale vollero ricordare questo
degnissimo figlio di Barrafranca con una lapide posta a perenne memoria e a riconoscimento
dei suoi alti meriti umani, culturali e religiosi.
Salvatore Licata
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