FRA GIUSEPPE BEVILACQUA
Nicolò Bevilacqua nasce a Barrafranca il 13
aprile 1841 da Gaetano e da Rosalia Lanza. Questa è la data che risulta sul
certificato di nascita, mentre nell’atto di battesimo, stilato in pari data dal
cappellano della chiesa Madre sacerdote La Loggia,
si legge: “... battezzò un bambino nato ieri al quale è stato
imposto il nome Nicolò”.
Da ciò si
deduce che il piccolo Nicolò è nato il 12 aprile 1841 e iscritto agli atti del Comune
il 13, cioè il giorno dopo.
Terminate le
scuole elementari, Nicolò entra nel noviziato di Santa Maria di Gesù di Piazza
Armerina e il 2 agosto 1856 veste l’abito
dei Minori Francescani, assumendo il nome di Giuseppe. Nel convento di
Pietraperzia studia retorica e filosofia; nel 1860 si trasferisce a Roma per
intraprendere gli studi teologici presso il collegio di Frascati. Nel 1862,
come si legge in una nota del sindaco di allora, fra Giuseppe si trovava a
Malta e il 19 luglio 1862 venne arrestato perché renitente alla leva. Nel 1865
frequenta il collegio delle Missioni in San Pietro Montorio a Roma. Il 1 luglio
1866 supera gli esami a Propaganda Fide ed ottiene la patente di
Missionario Apostolico e, il 13 luglio, ricevuta la facoltà di confessare dal
cardinale Antonio Maria Cagiano De Azevede, vescovo di Tusculano, parte per la
Missione dell’Alto Egitto.
Arrivato al
Cairo, fu destinato, insieme a due confratelli, a Nagade, presso Luscor, per
imparare la lingua araba dal vecchio missionario padre Samuele d’Accadia. da qui si sposta a Gamula e a Luscor, future
sedi delle stazioni della missione. durante uno dei numerosi spostamenti, fra
Giuseppe Bevilacqua viene colpito dalla
malaria per cui è costretto a ritornare al Cairo per sottoporsi alle dovute cure.
Ristabilitosi, riparte nuovamente per
Nagade, dove arriva il 1° ottobre 1867,
per prendere possesso della Missione di Ahmim, città che, assieme ai tre
villaggi annessi, contava allora circa 35.000 abitanti, di cui 800 cattolici e
circa 20.000 cattolici copti. In questa Missione fonda la prima scuola di
lingua italiana, a cui segue quella di Sohag e quella di Tahatta: questi furono
i primi istituti dell’Alto Egitto dove si insegnò la lingua italiana.
Missionario perseverante e coraggioso, fra
Bevilacqua ridusse a miti pretese il governatore della città, il pascià, i
musulmani e i copti dissidenti che osteggiavano la Missione e perseguitavano i
cattolici.
Instancabile
viaggiatore, fu a Taletta, Aput, Girge-Farpint, Ghene, Nagade e Gamula,
portando ovunque aiuto e conforto, sia ai suoi confratelli missionari sia alle
popolazioni indigene.
Nel 1880, dopo 13 anni
trascorsi nell’Alto Egitto, abbandona il Nilo e si reca in Cirenaica (Libia). A
Bengasi fonda le scuole maschili e femminili, da dove usciranno giovani
religiosi, contabili, negozianti e interpreti governativi. Grazie alla sua
indefessa e meritoria opera, il prefetto apostolico fratel Angelo Maria di S.
Agata, lo nomina, il 27 settembre 1881, vice prefetto di Bengasi.
Nei 17 anni trascorsi in Cirenaica, oltre che
dell’istruzione, si occupa anche di agricoltura, impiantando poderi modello e
gli arabi, a cui fornisce le piante e gli utensili necessari, apprendono
utilissime cognizioni per la lavorazione dei campi. Oltre a ciò, fa aprire
nuove strade, costruire il cimitero e numerose case.
Divenuto amico dei beduini, non pochi sono i viaggi che fra
Bevilacqua intraprende, in loro compagnia, all’interno del paese.
Nel 1897 un
importante riconoscimento premia la costante dedizione di fra Bevilacqua a
favore del prossimo: viene eletto prefetto apostolico della Tripolitania,
Cirenaica e Fezzan.
Trasferitosi
a Tripoli, in otto anni fa raddoppiare il personale insegnante delle scuole
della Missione cattolica e aumenta il numero degli allievi. Alla Mescia, presso
Tripoli, fonda l’orfanotrofio femminile e fa costruire le mura del giardino e
della scuola annessa alla chiesa della Missione.
Ovviamente
per arrivare a ciò deve superare numerose traversie e, non ultimi, gli ostacoli
frappostigli dal console turco Thaer Pascià, rappresentante del sultano di
Costantinopoli. In compenso molto fanno per lui i consoli italiani Augusto
Medana, Giulio Pestalozza e Scaniglia. Intrattiene ottimi rapporti anche col
console generale di Francia S. de Magny.
Malgrado i
contrasti con Thaer Pascià, fra Bevilacqua continua il suo apostolato. Acquista
una casa e un terreno per la chiesa di Koms (Lebda), fabbrica una casa e una cappella
per l’orfanotrofio agricolo. A Derna compra un terreno per la casa e la chiesa
della Missione e fa costruire le scuole femminili dirette dalle Suore
Francescane. Numerosi sono, anche, gli ambulatori che sorgono grazie alla sua
volontà e alla sua tenacia. Da una statistica stilata nel 1904 risulta che 919
fanciulli impararono in dette scuole la lingua italiana e 48.440 furono gli
ammalati curati. Il personale a disposizione di fra Giuseppe, in Tripolitania,
consta di 21 missionari Francescani, 7 fratelli Maristi e 32 suore. Ma ciò che
maggiormente lo onora è il suo interessamento per l’abolizione della schiavitù,
fenomeno molto diffuso a quel tempo in tutta la Tripolitania, Cirenaica e
Fezzania.
A tal proposito
pubblica sulle pagine del giornale vaticano «L’Osservatore Romano» un
interessante articolo sulla schiavitù in Tripolitania e in altre parti
dell’Africa, articolo che dà l’avvio al Congresso di Bruxelles, in seguito al
quale furono istituiti tre comitati antischiavisti in Italia, Francia e
Inghilterra. Questi comitati raccolsero e spedirono denaro ai propri
connazionali residenti in Africa per istituire delle agenzie antischiaviste,
che operarono, sin dal 1891, a Tripoli, Koms, Zeliteu, Misurata, Bengasi e
Derna e, aiutate dai consoli delle potenze firmatarie al Congresso di
Bruxelles, si batterono per la liberazione dei negri.
Una pagina manoscritta del suo giornale-diario
Nel 1904 lo
troviamo vescovo di Tripoli (Cronotassi dei vescovi del Vicariato apostolico di
Tripoli).
L’11 aprile
1907 fra Bevilacqua, divenuto nel frattempo prefetto apostolico, ospita, a
Tripoli, l’arciduca Carlo Alberto, nipote dello imperatore d’Austria Francesco
Giuseppe II, e lo accompagna, per tutto il periodo del suo soggiorno, in
Tripolitania e in Cirenaica, ricevendone lodi e complimenti per l’opera svolta
e per l’abnegazione con cui si dedica ai negri, a prescindere dalla loro
religione.
Invitato a
Roma dal reverendo padre Policarpio, delegato generale dell’Ordine dei Frati
Minori, ne approfitta per farsi ricevere, il 24 giugno 1907, in udienza
privata, da S. S. Papa Pio X, il quale si congratula con lui per i 40 anni di
missione svolti a Tripoli e Bengasi, incoraggiandolo a ritornarvi. L’evento fu
così descritto da padre Bevilacqua sul suo “Giornale cronologico della Missione
Francescana O. M. della Tripolitania”: ... Prima di venire il Rev.mo P.
Generale il quale da tempo stava a visitare la provincia di Venezia,
casualmente passò da Roma Fr. Pacifico Balbini reduce da Tripoli, per ritirarsi
nella propria, volle andare a prendere la benedizione del Papa, di questa occasione
volle andare pure io, ottenuto il dovuto permesso per un’udienza privata,
l’indomani vi andammo, il Maestro Maggiordomo m’introdusse solo. Il Papa mi
accettò con piacere, mi fece sedere e volle raccontato l’andamento della
Missione, cui io in breve gli feci il racconto, e che là Dio mercé la Missione,
prima aveva due sole stazioni Tripoli e Bengasi ed ora nonostante le
gravi opposizioni fattemi ne ha sei stazioni....
Il 15 ottobre 1907 monsignor
Mario Sturzo, vescovo della Diocesi di Piazza Armerina, lo invita a predicare
in tutte le chiese della Diocesi sino al 31 dicembre 1908, mentre l’arcivescovo
di Siracusa monsignor Luigi Bignami lo delega a confessare e ad amministrare i Sacramenti in sua vece e per i casi a
lui riservati.
Il 27 luglio
1910, una lettera del ministero degli Affari Esteri, lo informa che S. M. il re
gli ha conferito il titolo di cavaliere della Corona d’Italia. Il decreto, datato 17 luglio 1910, porta le firme di
Vittorio Emanuele III, del marchese Antonino di San Giuliano e del cancelliere
dell’Ordine P. Boselli.
Allo scoppio
della guerra Italo-Turca padre Bevilacqua
chiede di parteciparvi e il 1° ottobre
1911 il Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Coloniale - lo
assegna alla sezione di sanità della prima
divisione. Il 6 ottobre viene aggregato all’ospedale militare di Palermo
quale cappellano militare.
Finita la guerra e ritornato a svolgere la sua
opera di apostolato, con lettera inviata da Mazzarino il 9 dicembre 1914, mons.
Mario Sturzo, in virtù della Costituzione Benedettina Pastoralis curae,
decreto Quaemadmodum della S. Congregazione dei VV. e RR., lo nomina
Confessore straordinario abituale della Casa Religiosa per le suore e le
orfanelle e per tutte le persone che abitano nel Collegio di Maria di
Barrafranca, sino al 31 dicembre 1915.
L’8 febbraio
1915, in virtù dei servizi resi durante la guerra come cappellano militare, il
ministro della Guerra generale Vittorio Zupelli gli assegna la Medaglia
Commemorativa della Guerra Italo-Turca.
Di tutte le varie opere che il prefetto apostolico
reverendo padre Giuseppe Bevilacqua compì in Tripolitania, tutte di carattere
religioso e umanitario, oggi ci resta soltanto un Manualetto Pratico-Teorico
per imparare l’Arabo Volgare, edito a Palermo nel 1912.
Ormai carico di anni e stanco di
tutto quel peregrinare per portare sollievo e conforto alle popolazioni
africane e per diffondere la parola di Dio, padre Giuseppe Bevilacqua si ritira
nel convento di San Francesco di Barrafranca dove muore il 20 dicembre 1922.
S. L.
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